Natale ha portato ai rider (e in generale a tutti i lavoratori digitali) un dono sgradito. Il 22 dicembre un nutrito gruppo di paesi capeggiato dalla Francia ha bloccato l’iter del progetto di Direttiva sui “platform worker” (i lavoratori che operano alle dipendenze di una piattaforma digitale). La stessa relatrice del progetto Elisabetta Gualmini ha parlato di influenza delle “lobby e delle multinazionali” nel sabotare l’accordo tra i governi.
Come anarchici non abbiamo mai riposto fiducia nel processo legislativo, specialmente se non è sospinto da una robusta e costante mobilitazione di piazza. Infatti la proposta di Direttiva (attesa dal 2017) era stata presentata dalla Commissione Europea solo nel dicembre 2021 (giusto due anni fa) per intraprendere poi il lungo e accidentato iter legislativo comunitario, sotto la continua minaccia di imboscate e trabocchetti da parte delle potenti lobby del settore. C’è poi da aggiungere che una “Direttiva” (a differenza di un “Regolamento”) non è immediatamente applicabile nei diversi Paesi membri ma deve essere tradotta in leggi nazionali, con relativo rinvio di anni e concreti rischi di insabbiamenti e stravolgimenti:
In ogni caso la proposta di Direttiva (frutto delle precedenti mobilitazioni, soprattutto dei rider) sarebbe (almeno per la situazione italiana) un passo in avanti perché classifica i platform worker come lavoratori dipendenti (salvo prova contraria da fornirsi dal datore di lavoro) quando si verifichino almeno due condizioni tra le seguenti cinque: 1-2) la retribuzione e le regole di condotta sono stabilite unilateralmente dall’azienda, 3) la piattaforma supervisiona il lavoro e lo valuta, anche attraverso strumenti elettronici, 4) la piattaforma limita la possibilità di definire l’orario di lavoro e di accettare o rifiutare gli incarichi, 5) la piattaforma limita la possibilità di lavorare per altre aziende. Infine le app utilizzate devono garantire trasparenza sull’utilizzo degli algoritmi per il monitoraggio e la valutazione dei lavoratori. Con l’applicazione della Direttiva circa 5,5 milioni di lavoratori digitali sui 30 milioni attuali in Europa verrebbero riconosciuti come “dipendenti”. E tra questi praticamente tutti i rider.
L’esatto contrario della situazione italiana, qui come già abbiamo visto in precedenti articoli ( UN n. 23/2022 e 15, 19, 24/2023) vige la legge trappola 128/2019, voluta dal M5S, che ha lasciato irrisolto il nodo della natura giuridica del rapporto di lavoro, per cui i ciclo-fattorini, secondo i casi, possono essere considerati lavoratori parasubordinati (co.co.co.), autonomi o subordinati. La legge ha demandato poi ogni decisione ad “accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative”, con possibilità di derogare le norme anche in peggio, opportunità prontamente colta dall’UGL che ha sottoscritto con Assodelivery (settembre 2020) un contratto capestro che ha ributtato i rider nell’inferno del lavoro autonomo a cottimo.
Il governo Meloni, poi, con il “Decreto Lavoro” del 1 maggio 2023, ci ha aggiunto del suo, cancellando l’obbligo di trasparenza degli algoritmi (introdotto dal governo Draghi), che aveva permesso a molti lavoratori di vincere cause di lavoro obbligando la piattaforma a riconoscere il carattere subordinato del rapporto di lavoro.
In Italia, dopo il grande sciopero del 30 novembre 2020, è mancato per i rider un altro momento unificante a livello nazionale. Diversi problemi rendono difficile l’organizzazione delle lavoratrici/ori. In primo luogo la turbinosa evoluzione di un mercato caratterizzato da elevatissima concorrenza, nel corso dell’ultimo anno nuovi operatori sono sbarcati in Italia (Getir e Gorillas) per poi ritirarsi precipitosamente; dopo 7 anni di presenza anche Uber-Eats ha lasciato l’Italia a metà 2023 per concentrarsi su mercati più proficui, MyMenu del gruppo Pellegrini ha chiuso i battenti a dicembre 2023 licenziando oltre 300 rider e cedendo a Just Eat il proprio portafoglio clienti.
Un altro problema è dato dalla frammentazione normativa, le residue piattaforme associate ad Assodelivery (Deliveroo e Glovo) applicano il contratto pirata UGL, Just Eat ha sottoscritto (marzo 2021) con i confederali una variante al ribasso del contratto della Logistica inquadrando i lavoratori come dipendenti mentre altri operatori, come Everli, cercano di negoziare accordi ad hoc con sindacati di comodo.
È interessante osservare che, degli operatori che hanno lasciato l’Italia, Getir e Gorillas applicavano il contratto del Commercio (sia pure con assunzioni quasi solo a termine) mentre MyMenu aveva aderito al contratto della Logistica, argomento che viene utilizzato dai corifei del capitalismo digitale per sostenere che è possibile restare sul mercato solo sottopagando le/i lavoratrici/ori. Quanto ad Uber-Eats era stata commissariata per caporalato tre anni fa e quindi, dopo diverse cause di lavoro, ha preferito emigrare verso mercati che considera “meno” regolati.
Un terzo problema è dato dal fatto che le piattaforme pianificano le loro strategie a livello mondiale, migrando senza problemi da un paese all’altro. Glovo e Deliveroo ad esempio hanno puntato a livello globale sul massimo ribasso del costo del lavoro mentre Just Eat ha preferito scommettere sull’applicazione futura della Direttiva europea, sottoscrivendo nei vari Stati accordi coi sindacati concertativi locali e presentandosi come “difensore dei diritti dei lavoratori” (!).
Una campagna di immagine che ha permesso a Just Eat di sponsorizzare il concertone CGIL-CISL-UIL del I maggio e alla Pellegrini (quella che poi ha licenziato i rider di MyMenu) di promuovere a Milano una “tavola rotonda su lavoro povero” con la benedizione dell’arcivescovo e dell’Università Bocconi!
In questo quadro non giovano la frammentazione tra le varie “union” locali di rider, le rivalità tra i diversi sindacati di base e l’intervento cloroformizzante dei sindacati confederali, ma le diverse agitazioni locali che continuano a scoppiare, spesso spontaneamente, anche negli ultimi mesi a Milano, Roma, Taranto, Firenze, Verona, Torino, mostrano che la combattività delle lavoratrici/ori è ancora alta. E solo da una generalizzazione delle lotte può derivare la conquista di qualsiasi diritto.
Mauro De Agostini